Valle dell’Omo alla ricerca delle etnie sopravvissute

Eccomi qui, con il viso incollato al PC, scorrere una ad una le foto di Renata.   Qualche ritocco qua e là, ma è Lei che ha saputo cogliere l’animo di questi luoghi e quei volti che, con un semplice sguardo, ti raccontano la loro storia. Siamo una accanto all’altra ed ascolto, quasi rapita, i suoi racconti. L’emozione dei momenti che ha vissuto in quest’ avventura verso la Valle dell’Omo aleggiano nell’aria. Lei, mia amica da sempre, è quella dai viaggi avventurosi. Per Lei viaggiare vuol dire vivere situazione estreme, vuol dire porsi delle domande ed andare alla ricerca di risposte. Non si fa problemi se il viaggio è faticoso o scomodo, non ha importanza se è costretta a beccare al volo quell’unico hotel dai comfort inesistenti. Lei vuole scoprire usi e costumi di un popolo e magari soffrire per le loro sofferenze o gioire per il sorriso di un bimbo.  Un viaggio del genere non è contemplato nella mia lista dei viaggi da fare, tuttavia, per un solo istante, avrei voluto essere seduta accanto a Lei su quei fuoristrada che velocemente percorrono chilometri e chilometri di strade sterrate. Avrei voluto immortalare nei miei scatti quelle etnie così fisicamente vicine ma così diverse tra loro. Etnie che conservano con orgoglio le loro tradizioni. Anch’io avrei voluto cogliere quegli sguardi profondi e forse, solo per un attimo, nel mio io, mi sarei sentita una piccola Steve.

La Valle dell’Omo è un viaggio che Renata ha fatto con “earth viaggi” nel mese di gennaio e solo adesso siamo riuscite a ritagliarci il tempo necessario per buttar giù due righe e condividere con tutti Voi uno dei viaggi più affascinanti che Renata abbia mai fatto.

.. atterrati ad Addis Abeba, il tempo necessario per il disbrigo delle formalità doganali e poi  … eccolo lì, davanti a Noi, il cartello con su scritto “EARTH” che ci dava il benvenuto. In men che non si dica eravamo pronti e fortemente carichi di adrenalina per affrontare quell’avventura impossibile da dimenticare. Un percorso di circa 28o km per arrivare ad Awasa, la nostra prima tappa, attraversando luoghi fermi nel tempo, laghi e riserve dove catturare ora un magnifico volo di stormi di uccelli, ora un cerbiatto, ora un tramonto.

Lungo il percorso incroci gruppi di uomini che, a testa china, si trascinano stancamente lungo quella strada polverosa che non porta da nessuna parte e viene naturale chiedersi dove mai staranno andando.

Il lago di Awasa, il più piccolo della Rift Valley, sorge nella caldera di un antico vulcano ed è lì che ci siamo soffermati a lungo per osservare il volo di splendidi stormi di uccelli acquatici e per curiosare tra piccoli pescatori intenti a dipanare le reti.

 

Con l’entusiasmo sempre a mille il viaggio prosegue verso la popolazione più a nord delle etnie dislocate lungo la valle dell’Omo. Si va verso i villaggi Dorze situati sopra le alture che sovrastano il lago Chamo. Arrivati giriamo increduli tra capanne in bambù che raggiungono, con la loro forma conica, i 12 metri di altezza. Ti guardi intorno e rimani stupito dalla perfezione di quelle capanne sovrastate da alte piante di finto banano.

“Sai Bea, è incredibile … con queste piante ci fanno proprio tutto! Le donne le cuociono e ne ricavano una piadina che ci è stata offerta con miele e salsa piccante”, dice Renata.

La popolazione è dedita alla coltivazione di tabacco e banano oltre che essere bravissimi tessitori. I loro manufatti in cotone sono sicuramente i migliori di tutta l’Etiopia e  se si ha la fortuna di capitare in una giornata di mercato non si può non rimanere affascinati dall’esplosione di colori e dall’allegria che si percepisce nell’aria.

 

Da un lodge all’altro, da un’avventura all’altra nel nostro 5° giorno di viaggio, siamo entrati nel territorio dei Mursi situato all’interno del Mago National Park.  I Mursi sono circa 6.000, si occupano di agricoltura e pastorizia e l’incontro con questa popolazione è stato uno dei momenti più significativi del viaggio.

Donne ed uomini Mursi con la loro pelle color dell’ebano, con quello sguardo triste ma intenso,  con il loro portamento regale, sono di una bellezza straordinaria. Il racconto rimane per un momento sospeso a mezz’aria, Renata mi guarda e dice:

“Bea, conoscendoti, avresti continuato a scattar foto. Sai le ragazzine spesso s’infilano con prepotenza nei tuoi scatti e tu non puoi fare altro che sorridere, scattare e dar loro quelle monetine che racimolano qua e là da quei turisti che, con il loro passaggio, spezzano la monotonia di quelle giornate sempre maledettamente uguali”

Dopo i Mursi, nel nostro viaggio on the Road abbiamo incontrato gli Ari una popolazione che occupa un territorio molto esteso e che si dedica alla pastorizia e alla produzione di miele, grappa di mais e molti altri prodotti artigianali.

Le ruote dei nostri fuoristrada macinano chilometri su chilometri di strade sterrate. Si attraversano i territori dei Banna, degli Hamer. Si sosta tra i villaggi Karo sul fiume Omo. Tanti scatti, tanti ricordi e tanti visi dallo sguardo immobile quasi fisso nel vuoto. Non vorresti scattare per non disturbare la loro privacy ma il tuo istinto di fotografo prende il sopravvento.

Il nostro 7° giorno ci regala una nuova emozione navigando un tratto del fiume Omo, destinazione Omorate per andare alla scoperta dei villaggi dei Dassanech, un popolo dedito alla pastorizia ed alla pesca.

Le capanne dei villaggi sono costituite da un telaio di rami ricoperto da pelli di animali

 

ed il contatto con questo popolo non può che emozionare.

8° giorno,  si prosegue verso i villaggi fortificati dei Konso, un popolo di grandi tradizioni religiose. I villaggi sono sparsi su un vasto territorio con terreni aridi e scarse risorse d’acqua, ma, i Konso, per ovviare a questo inconveniente, hanno terrazzato le colline circostanti e con l’utilizzo di concime animale ed effettuando una rotazione stagionale della semina, sono riusciti a trasformarlo in un territorio fertile e produttivo.

 

I villaggi sono un vero dedalo di stradine delimitate da capanne cilindriche con tetti di paglia e muretti in pietra.

Nel nostro 9° giorno abbiamo vissuto delle esperienze uniche e, credimi Bea, quelle lente cantilene di uomini e donne al lavoro le ho ancora impresse nella mia mente.

In mattinata siamo arrivati al laghetto salatissimo di El Sod (Casa del sale). Questo lago si trova sul fondo di un cratere che scende nelle viscere della terra per oltre 100 metri e da qui i Borana estraggono il sale effettuando un duro lavoro di squadra.

Il programma prevedeva un’escursione facoltativa verso i pozzi dei pastori Borana ed ovviamente non potevamo non aderire. La particolarità di questo luogo, e soprattutto di questa tradizione, è che uomini e donne formano una catena umana passandosi contenitori colmi d’acqua al ritmo di dolci melodie. E’ la cadenza del canto che determina il ritmo del lavoro. I pozzi scendono verso le viscere della terra fino ad una trentina di metri e vengono usati nel periodo in cui la savana si trasforma in un immenso tappeto di erbe bruciate dal sole sulle quali svettano termitai giganti. Ciò che maggiormente ci ha colpito è vedere che dallo stesso pozzo in cui si abbeverano gli animali anche gli uomini attingono la loro dose d’ acqua.

 

La Valle dell’Omo è la regione a sud dell’Etiopia che segue il corso del fiume Omo. E’ un susseguirsi di colori, paesaggi che sembrano acquarelli ed un mix di etnie ognuna con le proprie tradizioni ed i loro credo. Anche Cassio, un caro amico di Renata, armato di teleobiettivo ed un kit fotografico di gran livello ha intrapreso questo viaggio difficile ma nel contempo di un fascino incredibile. Ci ha passato alcuni dei suoi scatti ed io ho il piacere di mostrarveli.

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9 thoughts on “Valle dell’Omo alla ricerca delle etnie sopravvissute

    • Ciao Max ecco come attirare la tua attenzione 😘 Ho parlato di questo viaggio solo perché me lo ha raccontato la mia amica Renata e credimi fare un post immaginando ed ascoltando racconti non è semplice. Lei poi lo gira a tutto il gruppo di viaggio. Per l’ Oman mi è stato detta che sembrava io ci fossi stata. Adesso aspetto i commenti su questo. Non è un viaggio che amerei fare. Mi piacciono troppo comfort, pulizia e sapere ciò che mangio. Lo so non sono la compagna ideale di viaggio. Uno smack grosso a Laura. Devo recuperare il tuo ultimo post su NY mi sa che non l’ho ancora letto 🤔🤔

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  1. Meraviglioso. Un viaggio che fa pensare molto, un confronto che ha qualcosa di veramente incredibile.
    Guardo le immagini con stupore. Persone come me vivere così diversamente, mi hanno trasmesso un gran senso di pace questi luoghi e queste persone, che preparano le piadine a partire dalle piante.
    Grazie della condivisione.

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  2. Pingback: India … il fascino del bianco e nero | Viaggiando con Bea

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